L’allenamento basato sulla velocità
Il VBT
A cura di: Andrea Ruo - Ultra Strength
CONTENUTI
1. Cos’è il VBT
2. Gli aspetti negativi del VBT
3. Gli aspetti positivi del VBT
“Without data, you’re just another person with an opinion” – W. Edwards Deming
Il velocity based training (VBT) è un metodo di allenamento che prevede di andare alla massima velocità quando si sollevano i pesi e di misurare con diversi strumenti la velocità.
Questo metodo implica uno sviluppo tecnologico rispetto al semplice sollevare i pesi, ma è realmente utile?
E se sì, in che situazioni è vantaggioso usarlo?
Ogni sviluppo tecnologico può migliorare l’efficacia dell’allenamento o essere controproducente. L’invenzione del bilanciere, per esempio, ha rappresentato uno sviluppo tecnologico. Se infatti si pensa ad allenarsi senza bilanciere, si potrebbe comunque eseguire un allenamento neuromuscolare (in qualche modo), ma l’efficacia dell’allenamento sarebbe sicuramente ridotta. Basta immaginare, per esempio, di prescrivere delle serie all’80% di un peso che non si conosce.
Il bilanciere ha rappresentato un grande sviluppo nella preparazione atletica e nella stessa misura il VBT rappresenta un miglioramento nell’allenamento neuromuscolare.
Anche se esistono alcune correnti in cui il bilanciere non viene visto come una vero miglioramento all’allenamento, in quanto si cerca di dare all’attività fisica un carattere più naturale, senza impiego di attrezzi tecnologici, mostrare la fallacia di questi ragionamenti non è difficile.
Basti considerare infatti che:
1) queste visioni di “allenamento funzionale” criticano il bilanciere ma poi usano altri strumenti, come le kettlebells o le clubbels; se anche voi non avete mai visto una kettlebell o una clubbel spuntare da un albero, è perché anch’essi fanno parte di strumenti tecnologici creati dall’uomo per migliorare l’attività; in caso contrario fateci sapere di che albero si tratti, perché farebbe risparmiare soldi a molte persone.
2) l’allenamento è un processo che si sviluppa in maniera logica, perché si cerca di implementare certe qualità utili allo sport attraverso l’intreccio e la variazione di diversi parametri allenanti, che convergono verso la specificità della disciplina.
Volume, Intensità, Tempi sotto tensione, densità, tipologia di contrazione sono tutte variabili che per essere controllate nella loro globalità necessitano di attrezzi specifici e pianificazioni dettagliate.
Allontanarsi da questa visione, per approcciare uno sviluppo che segue la completa naturalità degli adattamenti umani, con il solo impiego di strumenti “non tecnologici”, renderebbe non solo il processo incontrollabile ma anche quasi impossibile ottenere ottimi risultati sportivi.
Nel caso non siate ancora convinti dell’importanza di un approccio logico supportato da strumenti tecnologici, basterà dare un’occhiata ad uno dei tantissimi studi che dimostrano che l’allenamento con i pesi migliora
leprestazioni neuromuscolari1.
Gli aspetti negativi del VBT
Esattamente come l’utilizzo del bilanciere ha un effetto positivo nell’allenamento, anche il Velocity Based Training (VBT) lo ha, a patto che devenga impiegato nel modo e coi fini corretti: esattamente come il bilanciere è uno strumento eccezionale, non esiste solo questo in allenamento; si possono benissimo adottare altri attrezzi come, appunto, le kettlebells, le clubbels.
Allo stesso modo il VBT non è l’unico strumento, ma è sicuramente tra i più efficaci in materia di allenamento neuromuscolare.
Fino a qui tutto ok, ma se fosse tutto rose e fiori perché non è un metodo adottato da tutti per tutti gli allenamenti? Perché rimane uno strumento a molti sconosciuto?
Innanzitutto è costoso, sicuramente più di molte altre cose. Il prezzo non è elevato in realtà, perché l’investimento parte da 400€, che possono essere considerati poco rispetto ad altre tecnologie, come pedane di forza, fotocellule o metabolimetri, ma anche a semplici strumenti da palestra come le macchine isotoniche (che per altro hanno mostrato essere molto meno efficaci degli accelerometri nel migliorare la qualità dell’allenamento).
Questo non vuol dire che queste altre tecnologie siano inutili ma che comunque sia il VBT richiede un investimento minore rispetto ad altri strumenti tecnologici.
Un altro aspetto da considerare è che risulta essere difficile da utilizzare, o almeno più difficile che non usarlo. Se, infatti nell’allenamento classico basta scegliere un peso in percentuale rispetto al massimale, con il VBT è necessario conoscere come si utilizza lo strumento scelto per misurare la velocità, ed avere almeno un infarinatura teorica dei principi fondamentali.
Nulla di complicato eh, come si ha imparato la fisiologia umana o i modelli di periodizzazione si può fare anche questo; chiaramente richiede uno sforzo iniziale.
Un ulteriore aspetto negativo è il tempo, che sicuramente è maggiore, in quanto l’accensione dello strumento, il posizionamento dello stesso e l’impiego dell’app fanno sì che ci sia ad ogni allenamento qualche minuto in più perso, anche se il ritorno in termini di efficacia fa sì che si possa parlare più propriamente di “investimento” di tempo, più che di perdita.
In ultima analisi ci sono delle situazioni, come detto precedentemente, in cui è meglio non utilizzare il VBT, in quanto si vanifica l’utilità dello strumento. Un esempio lo abbiamo con particolari esercizi accessori come i classici curl con manubrio, o durante l’impiego di metodi a TUT controllato come il super slow (o in generale in esercizi in cui la porzione concentrica non viene svolta alla massima velocità).
Gli aspetti positivi del VBT
Ma allora quali sono le situazioni in cui è meglio misurare la velocità?
Inoltre, come si fa a misurare la velocità?
Arriviamo dunque alla parte per cui state leggendo questo articolo, andiamo con ordine: per misurare la velocità è necessario comprare un accelerometro o un encoder lineare.
Questi sono i due strumenti che si utilizzano più spesso. Entrambi sono validi per lo scopo, soprattutto per l’aspetto più pratico, più da campo. Se si dovesse semplificare possiamo dire che i primi sono più versatili e facili da usare in tutte le situazioni, mentre i secondi sono più precisi ma un pelo più scomodi.
Parlando invece delle situazioni in cui è utile misurare la velocità, potremmo dire che in generale ha senso farlo con gli esercizi “fondamentali” (non in termini di powerlifting), in cui lo scopo sia migliorare la forza, la potenza o la velocità. È ampiamente dimostrato come muovere il carico alla massima velocità possa produrre maggiori risultati per lo sviluppo neuromuscolare. Questo adattamento, inoltre, è stato dimostrato verificarsi anche in gesti meno specifici rispetto a quello che si sta allenando! Per esempio, Pareja-Blanco e Sanchez-Medina hanno dimostrato che muovere i carichi più velocemente durante uno squat, porta ad uno sviluppo maggiore delle qualità di salto e di sprint 2.
Inoltre, sempre parlando di effetti benefici sulle qualità di forza e potenza attraverso l’impiego del VBT, si è scoperto che anche solo misurare la velocità e dare un feedback istantaneo all’atleta, informandolo del risultato appena compiuto, produce dei miglioramenti nelle qualità neuromuscolari3!
Questi, però, sono solo alcuni dei vantaggi, e per comprendere i successivi, è necessario spiegare un po’ di fisiologia che sta alla base.
Se si fa un esercizio con un peso e si cerca di andare alla massima velocità, all’aumentare del peso diminuirà la velocità espressa. Anche se questo può sembrare abbastanza scontato, la cosa più interessante è che prendendo nota di tutte le velocità a carichi crescenti, e mettendole su un piano cartesiano in cui sull’asse Y si hanno i carichi (kg), e sull’asse X le velocità (m/s), è possibile attraverso una retta passare attraverso tutti i punti.
In pratica, da un punto di vista matematico, carico e velocità sono due grandezze inversamente proporzionali, cioè all’aumentare di una si verifica la diminuzione dell’altra, in maniera lineare.
Come sfruttare tutto ciò a nostro vantaggio? Facciamo un esempio in cui tutti si sono trovati almeno una volta:
Arrivati in palestra, ci si riscalda e si comincia a fare qualche serie progressiva per arrivare al carico giornaliero di squat. Durante il ramping, però, ci accorgiamo che quei carichi che tendenzialmente solleviamo in un certo modo, quel giorno appaiono un pò più pesanti.
Sullo stesso esercizio, invece, una settimana dopo, abbiamo sensazioni completamente opposte, quei carichi oggi ci sembrano molto più leggeri.
Com’è possibile? Questo dipende dalla readiness, ovvero la prontezza giornaliera ad allenarsi o a fare una gara, per cui alcuni giorni si è più pronti ed altri lo si è meno.
Ma cosa centra in tutto questo il VBT? Semplice, è uno degli strumenti con cui si può misurare la readiness nella maniera più efficace e rapida! Alcuni preparatori, ad esempio, usano dei protocolli come quello del CMJ, in cui si misura la velocità espressa nel salto con contromovimento, per valutare i cambiamenti rispetto alla base line.
Il vantaggio in questo caso rispetto al misurare il tempo di caricamento durante un CMJ, è che si misura ciò che si sta allenando, per cui non solo sapremo a che velocità salta oggi il nostro atleta, ma anche quanto bisogna caricare/scaricare su quel dato esercizio per raggiungere precise velocità, ed indurre determinati adattamenti.
Tutto ciò è possibile perché nonostante il massimale (in termini di kg sollevati) cambi in base a quella che è la nostra prontezza giornaliera, la velocità alle diverse percentuali (in questo caso 100% 1RM) tendono a non cambiare nel breve periodo. Se quindi, il giorno precedente si è eseguito una serie all’80% ad una velocità di 0,5m/s, il giorno successivo, anche se fossimo stanchi, all’80% corrisponderà sempre la stessa velocità, anche se il peso del bilanciere potrebbe essere diverso.
Questo concetto di readiness e capacità di riadattare i carichi giornalmente è fondamentale con gli atleti: se si allena una squadra come si fa a sapere se 2 giorni dopo la partita si è pronti a fare un determinato carico oppure è meglio usarne un altro? Si può tirare ad indovinare, oppure si misura e si usano leggi dimostrate scientificamente!
Un ulteriore vantaggio è che salvando i valori ottenuti durante un test a carichi incrementali, si può creare un grafico forza-velocità che rappresenta la foto delle qualità neuromuscolari di quell’atleta su quell’esercizio.
Se si esegue più volte nella stagione è anche possibile vedere il cambiamento sul lungo periodo. Rispetto al test massimale classico, l’acquisizione del grafico forza-velocità individuale risulta molto più vantaggioso, in quanto non si ottiene solo la forza dell’atleta (l’1RM), bensì quanto l’atleta sia forte a diversi carichi, anche quelli molto bassi (in cui le velocità quindi sono molto elevate) che spesso sono più specifici per l’attività sportiva. Inoltre, ci sono momenti in cui i test massimali non si possono eseguire, come ad esempio in stagione per gli sport di squadra, ma realizzando il grafico forza-velocità (dai 2 ai 6 carichi progressivi senza arrivare al massimale) è possibile conoscere come si sta evolvendo la situazione, senza indurre affaticamento negli atleti, ma mantenendo un’altissima precisione.
Infine, sempre grazie al VBT, si può scegliere in modo migliore il volume da somministrare ai propri atleti. In pratica, anziché assegnare un certo numero di ripetizioni prestabilito, facendo affidamento a tabelle come quella di Prilepin o altre più tradizionali (che sono basate sui valori “medi” degli atleti venuti prima, che non per forza rispondono alla caratteristiche dell’atleta che abbiamo noi) si prestabilisce una percentuale di decremento di velocità interna alla serie, fermando l’atleta un volta raggiunto questo valore.
Ad esempio: esegui 3 serie di squat a 0,5 m/s, ferma la serie quando raggiungi il 20% di perdita di velocità (0,4 m/s). La perdita di velocità viene chiamata velocity loss (VL) ed è uno strumento incredibilmente utile, soprattutto se si considera che diversi studi dimostrano la correlazione fra la perdita di velocità nella serie e la fatica accumulata a livello periferico e centrale4,5,6.
Questi sono solo alcuni dei vantaggi che si hanno a utilizzare il VBT, un metodo di allenamento che ha delle limitazioni, come tutti i metodi, ma che risulta conferire maggiore qualità agli allenamenti neuromuscolari se ben utilizzato.
A cura di
Andre Ruo, Co-founder di ULTRA Strength & Conditioning.
FONTI UTILIZZATE PER QUESTO POST
1. Suchomel, T. J., Nimphius, S., Bellon, C. R. & Stone, M. H. The Importance of Muscular Strength: Training Considerations. Sports Med. 48, 765–785 (2018).
2. Pareja-Blanco, F., Rodríguez-Rosell, D., Sánchez-Medina, L., Gorostiaga, E. & González-Badillo, J. Effect of Movement Velocity during Resistance Training on Neuromuscular Performance. Int. J. Sports Med. 35, 916–924 (2014).
3. Randell, A. D., Cronin, J. B., Keogh, J. W. L., Gill, N. D. & Pedersen, M. C. Effect of Instantaneous Performance Feedback During 6 Weeks of Velocity-Based Resistance Training on Sport-Specific Performance Tests: J. Strength Cond. Res. 25, 87–93 (2011).
4. Mora-Custodio, R. et al. Effect of different inter-repetition rest intervals across four load intensities on velocity loss and blood lactate concentration during full squat exercise. J. Sports Sci. 36, 2856–2864 (2018).
5. Pareja-Blanco, F. et al. Effects of velocity loss during resistance training on athletic performance, strength gains and muscle adaptations. Scand. J. Med. Sci. Sports 27, 724–735 (2017).
6. Weakley, J. et al. Application of velocity loss thresholds during free-weight resistance training: Responses and reproducibility of perceptual, metabolic, and neuromuscular outcomes. J. Sports Sci. 38, 477–485 (2020).